Sono due giorni che pedalo sotto una pioggia battente coperto dalla mia cerata gialla, ad alta visibilità. Pedalo per andare in ufficio e devo dire che un po’ mi diverto. Se non fosse per quella consapevolezza, data da anni di militanza nei comitati ambientali, che la pioggia è diventata un pericolo, mi piacerebbe correre sotto l’acqua. La consapevolezza di come abbiamo ridotto il territorio, dei cambiamenti climatici… Mi è tornata in mente questa lettera scritta più di un decennio fa. E dopo più di 10 anni siamo ancora là … a pensare alle olimpiadi invenali, a disboscare, a cementificare e asfaltare. Che tristezza.
Ecco quella lettera:
Ehi, perché non costruiamo una nuova strada? Anzi allarghiamo quella che c’è e mettiamola a pagamento, così i pendolari del mare si riverseranno di nuovo con il loro gas di scarico nei centri cittadini. E una bretellina di collegamento? Giusto! Perché lì ci farei un capannone e più in là un bel centro commerciale con allegato parcheggio. E poi una zona per le villette in campagna, che di vivere in centro con lo smog non se ne può più. Sì, servono anche un po’ di impianti smaltimento rifiuti speciali: è o no l’affare del momento? E poi, ci piacerebbe la linea ferroviaria ad alta velocità, qualche bella rotonda bella ampia dove possano girare anche i carichi eccezionali. Noi queste cose le accogliamo a braccia aperte, portano o no ricchezza, schei?
Il fossato? Interriamolo in un tubo di cemento armato. E con il consumo di territorio come la mettiamo? Piantiamo due righe di frutteti e non se ne parla più. E la città del Piave, la città metropolitana, la conferenza dei sindaci, la programmazione? Costruiamo ognuno come gli pare così avremmo decine di zone industriali (molte sono luoghi fantasma, da recuperare), decine di zone commerciali, vuoi mettere: l’imbarazzo della scelta. Solo l’ospedale sarà unico, per il resto abbondanza.
Del resto, suvvia, piove forte qualche volta all’anno. Ma per gli altri 350 giorni, possiamo scorrazzare veloci con le nostre automobili, ammirando dai finestrini le tante meraviglie del cielo ritagliato dai capannoni, dai fumi dai camini, della campagna impermeabilizzata dal cemento e desertificata da un’agricoltura ai pesticidi.
Poi succede che piove. Piove! Senti come piove! Madonna come piove! Senti come viene giù! Cosa strana, mica l’ha inventata l’uomo la pioggia. Si va a letto che l’acqua ha iniziato a scrosciare da poco e ci si sveglia con l’acqua alla gola. Ma come? Cosa? Come è possibile? L’acqua si fa minacciosa, raggiunge il limite degli argini, si insinua nei campi e allaga cantine e garage. Inspiegabile.
Eppure, la teoria dei vasi comunicanti si studia alla scuola elementare. È quel principio fisico, scoperto da Stevino, secondo il quale un liquido contenuto in due o più contenitori comunicanti tra loro, in presenza di gravità, raggiunge lo stesso livello dando vita ad un’unica superficie equipotenziale. Significa che, se il terreno è impermeabilizzato non riceve e versa nel contenitore chiamato “letto del fiume o dei canali” e questo si riempie, l’acqua allora cerca un altro contenitore nel quale sfogarsi, mantenendo su tutta la superficie che inonda lo stesso livello. Quindi, molto banalmente, in terra di bonifica dove gran parte del territorio è sotto il livello dell’acqua ad essere prudenti siamo ad alto rischio.
Ma cosa vuoi, siamo in perenne campagna elettorale e questa è l’unica campagna importante, vero?