“La terra d’inverno” di Andrew Miller (NNEditore)
un gelo che fa lacrimare
Da qualche mattina trovo la sella della bici ghiacciata.
Che sia arrivato il generale inverno?
Adesso dirò una cosa che per molti di voi è un’eresia: mi piace l’inverno! Anzi, dirò di più: ho una certa nostalgia per quel paesaggio con la brina costante, con i fossi ghiacciati che accompagnavano in questa stagione le giocose scivolate della mia infanzia.
Oggi che ho barba e capelli bianchi mi piace ancora pedalare alle 6 di mattina, prima dell’alba, quando i miei neuroni se ne stanno fermi immobili in questa stagione muta. Dormono ancora con il loro reparto “informazioni importanti” dentro il mio cranio, momentaneamente in letargo. Percorro la pista ciclabile e, mentre le mie sinapsi si riattivano lentamente nelle nuvole del mio stesso alito, il freddo punge le parti immobili del mio corpo per darmi la sveglia.
Arrivo in stazione, salgo nell’ultima carrozza del treno, so che è vuota, o quasi. Appoggio lo zaino e estraggo il libro che m’accompagna in questa settimana da pendolare: “La terra d’inverno” di Andrew Miller (NNEditore).
È la storia giusta per questo periodo dell’anno, un racconto che si apre lentamente come un paesaggio che emerge all’alba dopo una lunga nevicata. Non ci sono colpi di scena, ma piccoli svelamenti; non c’è clamore, ma un silenzio che ha qualcosa di inquietante, di “weird”, strano, eppure struggente, e lievemente perturbante.
Cosa?
Intanto c’è il momento storico in cui si colloca la narrazione: la grande gelata del 1963, The Big Freeze, uno degli inverni più freddi mai registrati in Gran Bretagna. Paesi isolati, interruzioni delle linee elettriche, nevicate eccezionali, treni bloccati, approvvigionamenti impossibili. In quella gelida stagione si intrecciano le storie di due coppie molto diverse e segnate dalla loro differenza di classe sociale. Il gelo in cui è immerso il paesaggio della West Country inglese è anche il gelo che regna tra i coniugi di entrambe le coppie: sembrano incapaci di parlarsi.
Da una parte Irene, borghese, moglie di Eric, medico, e dall’altra la proletaria Rita, moglie di Bill, figlio di immigrati ungheresi. Entrambe sono incinte e questo fa nascere tra le due una intrigante complicità.
C’è qualcosa di seducente nel modo in cui Andrew Miller sa raccontare questa complicità fatta di due vite che si intrecciano senza mai toccarsi del tutto e di parole che non trovano il coraggio di uscire del tutto. Del resto siamo in un piccolo villaggio di campagna dove il gelo sembra far evitare ogni sentimentalismo ma contemporaneamente sa penetrare in profondità, nelle ossa, trapassando i cuori.
Una lettura per chi ama le storie in cui l’atmosfera conta quanto e forse più dei personaggi, e la tensione nasce più dal lento accompagnamento che dall’azione che travolge. Una lettura da gustare con calma, in una calda carrozza di un treno, dietro ad un finestrino, mentre fuori si gela.
Aspettando di tornare ad affrontare l’aria fredda, e quegli spilli gelidi negli occhi che fanno lacrimare.
Come le pagine di un libro come questo.


