Ho fatto un viaggio nello spazio!
No, non nel senso di quel turismo spaziale pensato dai tecno-oligarchi multimiliardari per vincere la noia. Un “viaggio” vero, di quelli che ti fa scoprire prospettive alternative, nuovi punti di vista.
Non sono neanche dovuto salire su un’astronave. Sono restato coi piedi ancorati a terra. Eh già, pur non essendo un gran appassionato di fantascienza il viaggio l’ho effettuato leggendo un romanzo ambientato nello spazio.
Nella mia vita di lettore ho incontrato raramente la fantascienza, solo nei libri di Ballard o degli scrittori cyberpunk, ma era una fantascienza non “nello spazio”, era introspettiva, dello spazio interno, oppure distopica. E poi è successo tanti anni fa: ormai il futuro distopico del cyberpunk si è trasformato nella realtà odierna.
Erano gli anni in cui i viaggi cosmici li facevo soprattutto grazie alla musica, tramite progetti visionari che avevano le orbite dei corpi celesti direttamente nel nome, o nei titoli dei brani, o in entrambi. Qualche esempio? Orb, Orbital, Biosphere, Space … o brani come “A Million Miles To Earth”, “Supernova At The End Of The Universe”, “Back Side Of The Moon”, “Seti Project” … questi sono solo pochi dei molti viaggi nello spazio che attraverso la musica si facevano negli anni a cavallo tra gli anni ottanta e gli anni novanta.
Tutto questo preambolo per dirvi che, dopo decenni, ho letto un romanzo di “fantascienza” e che questo porta nel titolo il nome di una delle avventure musicali più interessanti di quegli anni: gli Orbital. Paul e Phil Hartnoll (i fratelli Orbital) oltre ad aver avuto un ruolo fondamentale nel suono elettronico, rivoluzionando la scena dei ’90, hanno acceso in me la curiosità per questo romanzo. Perché a volte anche il titolo incide, almeno in prima battuta, nel cosiddetto “colpo d’occhio”, quando si ricerca tra gli scaffali di una libreria.
“Orbital” è infatti il titolo dell’ultimo libro di Samantha Harvey uscito per NN Editore.
Là fuori, le vibrazioni elettromagnetiche rimbalzano nel vuoto quando i corpi nello spazio emettono luce. Traducendo queste vibrazioni in suoni, i pianeti assumono ciascuno la propria musica, il suono della loro luce. Il suono dei campi magnetici e delle ionosfere, dei venti solari, delle onde radio intrappolate tra il pianeta e la sua atmosfera.
Perché ricordare quella fattispecie di sonorità per parlare di un libro? Perché nel leggerlo ho avuto la stessa sensazione di quando ho incontrato quei suoni: la trama e la struttura narrativa saltano, come quei brani facevano saltare il “formato canzone” (introduzione, strofe, ritornello, eventuali bridge e conclusione). Non c’è inizio, non c’è fine, ma un tempo circolare che si ripete e potrebbe non finire mai. Non descrive ma mostra, per far vedere più mondi possibili, ed è un romanzo che sfida la concezione lineare del tempo.
“Orbital” è il racconto di quello che succede nella Stazione Spaziale Internazionale a sei astronauti, in un giorno in cui gireranno intorno alla Terra sedici volte. Vedranno sedici albe e sedici tramonti, sedici giorni e sedici notti. Per loro la Terra sembra rimanere sempre affascinante, non li stanca l’atto di osservare. Una meraviglia in loop continuo, una contemplazione del pianeta, da un punto di vista “altro”.
Orbital: “The Moebius" brano del 1991, dove appare per la prima volta il campionamento della frase di Worf, il klingon di Star Trek, "Time Becomes A Loop"
È per movimenti circolari che procede la narrazione, applicando questa ciclicità alla Terra tutta, scavalcando tutti quei confini che naturalmente non esistono, perché i confini sono un’invenzione dei nazionalisti, ma pur non esistendo agiscono alimentando spesso una mitologia suprematista.
Leggendo “Orbital” ci si rende conto di quanto idiota sia la supremazia, e quanto sciocco sia il ragionare ancora di appartenenze (anche nel senso di rapporto di proprietà). Che si tratti di nazione, di genere, di razza… e anche di specie.
Vedrete la sua pienezza, l’assenza di confini se non la linea tra mare e terraferma, dicevano. Non vedrete paesi, solo una sfera rotante che non conosce possibilità di divisioni, e tantomeno di guerre. E vi sentirete tirati in due direzioni simultaneamente. Euforia, ansia, estasi, depressione, tenerezza, rabbia, speranza, disperazione. Perché ovviamente sapete che le guerre abbondano e che la gente uccide e muore per i confini.
Ho fatto un viaggio nello spazio!
Grazie a “Orbital” di Samantha Harvey (NN Editore).
Un trip che consiglio.
Gran bel libro, io l'ho letto con Astral Gold di Dean McPhee nelle cuffie. Recupererò sicuramente anche gli ascolti che suggerisci. Grazie per l'articolo.
Sono una lettrice che ama la fantascienza introspettiva, quella si pone domande sull'umanità attraverso il tempo, lo spazio e la rivoluzione tecnologica. Una che si commuove quando vede i video della Terra vista dalla Stazione Spaziale Internazionale. Quindi questo libro l'ho letto con grandissima gioia. E sulle sensazioni e riflessioni mi ritrovo con ciò che hai descritto.
A questo punto ti consiglio "Respiro" di Ted Chiang.
Magari anche "Il problema dei tre corpi" romanzo di Liu Cixin. In realtà è una trilogia ma se ti intrippa il primo, vorrai leggere altro.