L’ossessione del maschio
Riflessioni attorno a “Zaky e gli altri” di Gipi (Nave di Teseo)
«L’unica debolezza del romanzo è l’eccessiva disinvoltura linguistica nel descrivere la paranoie di Zaky» queste sono le parole che leggo in una “competente” recensione del romanzo di esordio di Gipi: “Zaky e gli altri” (Nave di Teseo). Il libro l’ho appena finito e da semplice lettore, “incompetente” nel campo della critica letteraria, mi permetto di dissentire.
Perché chi, come me, è cresciuto nella profonda provincia, ha frequentato un ignorantissimo istituto professionale, e subito dopo è stato catapultato in cantieri edili, officine, fabbriche, sa benissimo che il linguaggio maschile è spesso quello “eccessivo” che compare nel libro. Può anche diventare peggiore se ti capita di frequentare spogliatoi e caserme.
Ecco perché, secondo me, la disinvoltura linguistica è la sua forza. Lo dico da profano, ma credo che in letteratura sia sempre stato difficile trovare la povertà brutale del linguaggio che continua ad alimentare la virilità machista e nutrire le goliardiche amicizie maschili. Eppure vi garantisco che nella vita reale è diffuso, soprattutto tra chi non legge, che poi è la stragrande maggioranza dei maschi.
Se poi mettiamo sul piatto il fatto che, rispetto a quando sono cresciuto io, sono comparse quelle piattaforme digitali della pornografia che divulgano in maniera ancora più esplicita un modello maschile prestante sessualmente che nemmeno concepisce il punto di vista della donna, ecco che si stanno producendo mostri. A questo si aggiunge il fatto che, come è naturale, non tutti sono prestanti, anzi, la grande maggioranza dei maschi bianchi si sente, per forza di cose, perdente nel confronto con i porno attori, soprattutto se neri. I rimedi a questa inadeguatezza però compaiono promettenti nei banner pubblicitari che scorrono a fianco al video porno. È il marketing bellezza! Che pene, verrebbe da dire, anzi che pena!
Ed è certo oramai: la sofferenza del maschio “impotente” produce, oltre al marketing, sempre più razzismo, sessismo, fascismo. Dovremmo essere capaci di affrontarla per quello che è: una malattia, appunto. Come quella di Zaky.
Era quindi necessario un romanzo che non fa sconti, che chiama le cose con il loro nome, che usa parole che non siamo abituati leggere, e che per questo risulta potente.
Zaky è letteralmente una “testa di cazzo” ed è malato, ma fortunatamente per lui non è solo. Attorno a lui ruotano una serie di personaggi: il Biondino, bello e impossibile, Aldo il fratello del Biondino, grande e grosso con un ritardo mentale, Masamba giovane operaio nero. E infine Marion, l’ossessione di Zaky.
Le loro sopravvivenze quotidiane, le loro imperfezioni, disegnano una umanità giovane e fragile, ma che sa ancora trasmettere vicinanza e compassione. Tutte cose che però Zaky sembra non riuscire a vedere: troppo concentrato sulle sue fantasie malate.
Il disgusto per il personaggio cresce con la descrizione minuziosa delle proiezioni mentali di Zaky, e me lo rendono odioso, come ho sempre trovato odiosi gli atteggiamenti da maschio alfa, le goliardie da addio al celibato, ecc… eppure non riesco ad odiarlo. In fondo è malato dell’ossessione principale del maschio: l’impotenza sessuale.
Immaginare le cose. Era come se si fosse scoperto un proiezionista pazzo nel cervello che, con un clic del pollice medio, gli faceva balenare scene di un passato, un presente e un futuro, tutti inventati. Film a soggetto tradimento. Menzogna. Sesso morboso. La ragazza, Marion, aveva detto soltanto “Los Angeles” e “San Francisco”. Non aveva parlato di negri, di basket, di discoteche o fidanzati tonti lasciati nel letto. Tanto meno di acqua liscia. Zaky e il suo proiezionista avevano fatto tutto da soli.
“Alle donne piacciono solo gli stronzi.” Questo Zaky lo ripeteva sempre. Ne era convinto. E lui, tutti lo possono confermare, con le donne era proprio uno stronzo.
Insomma Gipi descrive un mondo maschile che esiste, anzi, anche se con sfumature e intensità diverse è diffusissimo. E lo fa in modo feroce e vero.
Senza retorica e senza giudizio.
Retorica e giudizio che invece, probabilmente, ho usato io.
Perché, nonostante tutto, mi sento parte in causa: sono un maschio.
E spesso mi vergogno di esserlo.



È nella mia lista dei libri da leggere e dopo aver letto il tuo commento, è salito in classifica. Ho già letto dei fumetti di Gipi- tra l'altro scoperto per caso, per via di un regalo inaspettato - e ne ero già rimasto colpito. Grazie.